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Carnevale di Putignano (dal 26 dicembre al Martedì Grasso).

Il Carnevale di Putignano è il più antico d’Europa. E’ una festa per grandi e bambini, ricca di tradizioni, riti ed eventi, che ebbe inizio il 26 dicembre del 1394, durante la solenne traslazione delle reliquie di Santo Stefano dall’Abbazia di Santo Stefano di Monopoli a Putignano, dove sono tuttora conservate nella chiesa di Santa Maria la Greca. Secondo la tradizione, un gruppo di contadini intenti a piantare le viti lasciarono il lavoro nei campi per unirsi al corteo con canti, balli e poesie in rima. E’ per questo che ogni anno a Putignano il Carnevale viene inaugurato il 26 dicembre con le cosiddette “Propaggini”: gruppi di “propagginanti” si sfidano a suon di scenette comico-satiriche in vernacolo locale inerenti personaggi e vicissitudini della vita paesana.

A partire dal 17 gennaio, giorno dedicato a S. Antonio Abate, si susseguono i Giovedì del Carnevale. Ogni giovedì è dedicato ad una specifica categoria sociale, oggetto di divertentissime invettive satiriche. Si passa così dal Giovedì del Monsignore a quello dei preti, delle monache, delle vedove, dei pazzi, delle donne, sino all’esilarante Giovedì dei Cornuti a cura dell’Accademia delle Corna che effettua il tradizionale taglio delle corna.

Il 2 febbraio, inoltre, nel giorno dedicato alla Candelora, si celebra la Festa dell’Orso: dopo aver girovagato per le vie del borgo antico, l’orso giunge in Piazza Plebiscito dove annuncia l’andamento climatico futuro sulla scorta delle condizioni meteorologiche della giornata (se il 2 febbraio c’è bel tempo l’inverno sarà ancora lungo). Uno spettacolo itinerante divertente e coinvolgente, tra i momenti più attesi del Carnevale di Putignano.

Ma è con la sfilata degli enormi carri allegorici in cartapesta che la festa entra nel vivo. Tre domeniche prima dell’inizio della Quaresima, il corso di Putignano si gremisce di gente desiderosa di divertirsi a suon di scherzi e marachelle, ammirando non solo i gruppi mascherati ma soprattutto le sette mastodontiche sculture in cartapesta dai colori vivaci che si muovono al ritmo di musica. Antichissima, infatti, è la cultura della cartapesta a Putignano, tramandata di generazione in generazione dalle famiglie di maestri cartapestai, che ogni anno modellano fogli di quotidiani misti ad una colla di farina per dar vita a creazioni uniche ed originalissime, le cui forme ripropongono in maniera satirica personaggi o eventi di attualità. La maschera simbolo di Putignano è “Farinella”, dal nome di un prodotto tipico della locale tradizione gastronomica: una farina ricavata da alimenti poveri come ceci ed orzo tostati.

Quattro sono i corsi mascherati, l’ultimo dei quali, il più atteso, va in scena la sera del Martedì Grasso, quando viene proclamato il carro più bello. Tanti, però, sono i riti legati all’ultima notte prima della Quaresima. A cominciare dal Funerale del Carnevale che va in scena subito dopo la conclusione della sfilata fino a notte fonda: un gruppo di improbabili preti girano per le vie del centro storico impartendo bizzarre benedizioni e recitando in vernacolo la vita del morente Carnevale, con al seguito donne in lacrime vestite a lutto per l’imminente inizio della Quaresima. Un maiale in cartapesta, simbolo dell’opulenza tipica del Carnevale, viene bruciato e la festa prosegue fino a mezzanotte sotto la Campana dei Maccheroni: a partire dalle 23.00 sotto una grande campana in cartapesta (i cui 365 rintocchi ricordato l’imminente inizio della penitenza) vengono distribuiti maccheroni al sugo con salsiccia, si balla e si brinda.

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Fanove di Castellana Grotte (11 gennaio)

Ogni anno la notte dell’11 gennaio torna ad ardere la tradizione delle fanove nel centro e nelle campagne di Castellana. Grandi cataste di legna vengono allestite da associazioni e gruppi di ragazzi, che si competono con spirito goliardico il titolo di “migliore fanova dell’anno”. Attorno alla legna ardente, la gente si raduna e fa festa, al ritmo di musiche popolari ed un buon bicchiere di vino, rendendo omaggio alla Madonna della Vetrana che l’11 gennaio del 1691 scacciò da Castellana la peste. Quella notte, infatti, due sacerdoti pregarono intensamente la Madonna del locale convento ed il giorno dopo molte persone guarirono dopo l’applicazione del miracoloso olio della lampada votiva. Così la peste abbandonò il paese e si dette a fuoco a tutto ciò che era stato in contatto con il morbo, festeggiando la fine del contagio attorno alle numerose fanove accese. Il 12 gennaio la festa prosegue con le celebrazioni religiose in onore della Patrona Maria Santissima della Vetrana. Il rituale, però, si apre la notte del 10 gennaio, alle 3 del mattino, con la “Diana”, la tradizionale questua tra i frantoi della zona con i fedeli, accompagnati dalle note della banda, che girano per raccogliere l’olio che servirà ad alimentare per il tutto l’anno la lampada votiva della Madonna della Vetrana.

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Santa Lucia (13 dicembre)

A pochi giorni dal Natale e dalla rievocazione del miracoloso approdo dell’Icona della Madonna della Madia, le celebrazioni in onore di Santa Lucia introducono un’intima atmosfera di festa. Nei pressi della chiesetta dedicata alla Santa Martire di Siracusa, in via Cavour, la tradizione vuole che sin dal pomeriggio precedente sia allestito un mercatino ricco di decorazioni natalizie per l’albero, il presepe, la casa, giochi per bambini, fiori, creazioni artigianali e soprattutto i tipici “coccherìdde”: piccoli oggetti in terracotta che secondo la tradizione il ragazzo doveva regalare alla futura moglie ed alla suocera, così come era d’obbligo per la nuora farne dono alla suocera. Nella notte più lunga dell’anno, numerosi sono i fedeli che si recano a rendere omaggio alla Protettrice della vista, invocando la sua intercessione. Alla festività di Santa Lucia, inoltre, è legata l’usanza, molto diffusa in passato, di realizzare dei dolci tipici a forma di otto, detti “occhi di Santa Lucia”.

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Madonna della Madia (14 agosto – 16 dicembre).

Duplice è l’appuntamento al porto di Monopoli con la Madonna della Madia. L’Icona bizantina, oggi custodita nella Basilica Cattedrale, secondo la tradizione arrivò nel Porto Vecchio di Monopoli all’alba del 16 dicembre del 1117. L’immagine della Vergine Odeghitria, partita dal lontano Oriente, giunse a bordo di una zattera, la cui forma ricordava la “madia”, ossia il tavoliere usato per fare il pane e la pasta. Di qui il suo nome. In quel tempo il Vescovo Romualdo stava costruendo la basilica romanica dedicata a S. Mercurio ed aveva pregato la Madonna affichè lo aiutasse a trovare il legno necessario a completare la volta a capriate. Miracoloso fu così l’arrivo della Vergine a bordo della zattera, composta da ben 33 travi di pino d’aleppo (ancora oggi ben conservate e visibili nella prima cappella a destra) che furono utilizzate per realizzare il tetto della nuova cattedrale, poi dedicata alla Madonna della Madia, Protettrice di Monopoli.

Dunque, ogni anno, alle 5 del mattino del 16 dicembre, il porto di Monopoli si gremisce di migliaia fedeli che sfidano freddo, vento e talvolta persino la neve, per accogliere l’icona della Vergine bizantina che giunge dal mare, a bordo di una zattera. Un momento di grande suggestione, incorniciato dai fuochi d’artificio ed i gozzi che circondano la zattera in un simbolico abbraccio. Il Vescovo saluta con l’incenso la Protettrice di Monopoli, portata in solenne processione nel suo tempio barocco da tutte le confraternite cittadine, autorità, tantissimi fedeli e le immancabili note della banda.

La rievocazione del miracoloso approdo si ripete anche la sera del 14 agosto, inizialmente per dare la possibilità alle centinaia di monopolitani emigrati all’estero per lavoro, di poter rendere omaggio alla propria Protettrice durante il loro ritorno a casa per le ferie estive. I festeggiamenti in onore della Madonna della Madia hanno inizio alla mezzanotte del 31 luglio con l’avvio dell’agosto mariano, caratterizzato da molteplici eventi.

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Santi Medici (1° fine settimana di giugno)

Tra i momenti più intrisi di pietà e religiosità popolare a Monopoli, vi sono senza dubbio le celebrazioni in onore dei Santi Medici Cosma e Damiano, che generalmente ricadono il primo fine settimana di giugno. I due gemelli, tra i primi martiri cristiani (morti nel IV secolo a seguito delle persecuzioni di Diocleziano), erano due medici che praticavano la loro opera senza ricevere mai denaro in cambio e per questo detti “Anargiri”. Due Santi, dunque, molto venerati perché è a loro che la gente si è sempre rivolta per invocare la guarigione o chiedere una grazia nei momenti di difficoltà. Una devozione molto forte, che si manifesta pubblicamente nel corso delle celebrazioni e soprattutto nelle due processioni – il sabato mattina e la domenica sera – durante le quali i fedeli portano con sé grossi ceri, le cui dimensioni sono proporzionali alla grazia richiesta o ricevuta. Durante le processioni, nonostante il gran caldo che solitamente caratterizza il primo fine settimana di giugno, tantissime sono le donne che partecipano al corteo indossando abiti scuri e talvolta ancor oggi scalze in segno di penitenza e devozione. A testimoniare la grande popolarità dei Santi Medici è anche la gran quantità di oggetti preziosi (anelli, orecchini, collane, bracciali e non solo) donati nel corso dei secoli dai fedeli quali ex voto e che oggi adornano i loro abiti neri spagnoleggianti. Le statue dei Santi Medici sono custodite nella chiesa di San Domenico, nei pressi della caserma dei Carabinieri, con affaccio su piazza XX Settembre. Qui ha sede la confraternita di San Cataldo, organizzatrice dei solenni festeggiamenti, dedicati anche al Santo Vescovo di Taranto, la cui statua lignea dorata viene portata per prima in processione in Largo Plebiscito dando il via ai tre giorni di festa.

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San Francesco da Paola, Patrono della città di Monopoli (1° fine settimana di maggio)

San Francesco da Paola, protettore dei contadini e della gente di mare, nel 1645 fu ufficialmente proclamato Patrono della Città di Monopoli. Un culto che affonda le sue radici già nel 1527 quando il frate fondatore dell’Ordine dei Minimi intercesse salvando Monopoli dal flagello della peste. Ogni anno, generalmente il primo fine settimana di maggio, si rinnova la tradizionale cerimonia della simbolica consegna da parte del sindaco delle chiavi della città al Santo Patrono, venerato nel convento a sud del centro abitato.

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I sette giovedì dopo Pasqua allo “Spirito Santo”

Ogni giovedì dopo la Pasqua, per sette settimane, la chiesa rupestre dello Spirito Santo, situata alle spalle del cimitero, si popola di fedeli che qui si recano per accendere una candela ed invocare la grazia dello Spirito Santo. Una tradizione popolare molto sentita da gruppi di donne, che giungono a piedi, in una sorta di pellegrinaggio, per pregare e recitare il rosario. Il rito culmina la domenica di Pentecoste con la processione che parte dal cimitero e giunge alla cripta per celebrare la messa di ringraziamento all’aperto.

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I riti della Settimana Santa a Monopoli

La Settimana Santa in Puglia è ricca di momenti suggestivi e molto attesi. Il primo appuntamento è la Domenica Santa, detta Domenica delle Palme, quando si usa scambiarsi un ramoscello di ulivo o di palma come simbolo di pace.

La sera del Giovedì Santo, al termine della Messa con la lavanda dei piedi, si usa recarsi nelle diverse chiese per visitare i “sepolcri”: pregare davanti ad altari addobbati con fiori, spighe, grappoli d’uva e pane disposti dai diversi gruppi parrocchiani. È una sorta di pellegrinaggio da una chiesa all’altra e la tradizione vuole che il numero delle chiese che si visitano sia dispari. Tipico della sera del Giovedì Santo è il profumo del “calzone di cipolla”, una tipica pizza ripiena di cipolle che si usa mangiare in questo giorno.

Il principale rito evocativo della Settimana Santa è la Processione serale del Venerdì Santo, detta “La Processione dei Misteri”. Tutte le confraternite, contraddistinte da abiti di colori diversi, attraversano il centro storico ed il quartiere Murattiano in un malinconico corteo funebre per la morte di Gesù. Le statue ottocentesche dei “Misteri”, che partono dalla Chiesa di S. Francesco d’Assisi, simboleggiano la Passione di Gesù: Gesù che prega nell’orto, Gesù alla colonna, Gesù flagellato, Gesù che porta la croce, Gesù crocifisso, Gesù deposto e infine la Vergine Addolorata con le sue vesti nere. Inconfondibile è il suono delle “trènnele” – oggetti in legno e ferro che riproducono il rumore dei chiodi sulla croce – mosse durante la processione dai confratelli, che indossano anche una corona di spine. Questo è un evento ricco di pathos, molto sentito dai monopolitani che vi partecipano numerosi.

Le celebrazioni della risurrezione di Gesù iniziano la notte del Sabato Santo. Infatti, come da tradizione, gruppi di amici usano ancora girare per le campagne da una casa all’altra cantando e suonando tutta la notte per annunciare la Pasqua. Questa tradizione è chiamata “Candè all’ove”, che significa “cantare per avere le uova”, perché si raccolgono le uova – simbolo della Pasqua e utili in passato per preparare il pasto pasquale – da ogni casa di campagna. È un momento divertente, perché giovani e meno giovani si muovono insieme cantando e ballando canzoni popolari, facendo a gara per chi raccoglie il maggior numero di uova.

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I falò di San Giuseppe (19 marzo)

Ogni anno la sera del 19 marzo la tradizione dei “falò” rivive nel centro storico e nelle campagne di Monopoli. I “Falò” sono fuochi accesi nel giorno dedicato a San Giuseppe, protettore dei poveri e degli artigiani, in particolare dei falegnami. Tantissime cataste di legna bruciano ovunque come auspicio per l’inizio della primavera e della nuova stagione del raccolto. Il “falò”, antica manifestazione di devozione popolare, brucia tutte le cose vecchie, così purifica e allontana le malattie, la fame e il freddo tipico dell’inverno per accogliere la Primavera. E’ una festa tradizionale e ogni anno ci si riunisce attorno ai fuochi per divertirsi ballando, cantando, mangiando ceci arrostiti e pane con pomodori, bevendo vino e alla fine un dolce tipico chiamato “zeppola di San Giuseppe” con crema e amarene.

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Tradizione e folklore a Monopoli

A Monopoli, come ovunque in Puglia, ci sono tantissime feste, processioni e tradizioni durante tutto l’anno. Sono momenti molto popolari e affascinanti, tramandati di generazione in generazione, che ti rimandano indietro nel tempo e ti regalano emozioni. E’ un patrimonio locale, formatosi nei secoli grazie all’influenza di diverse culture che si sono mescolate in Puglia: Greci, Romani, Bizantini, Veneziani, Spagnoli, Francesi, Saraceni e Turchi.

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